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L’onore[]

L’onore è un concetto di primaria importanza in questa società. Sull’onore di costruisce quell’equilibrio sociale che nessun uomo dovrebbe mai mettere in discussione. Il valore del proprio onore è commisurato al valore che ha la propria parola davanti alla comunità e al rispetto dei propri pari. L’equilibrio sociale e il prestigio di un nome infangato possono essere riguadagnati soltanto vendicando l’insulto o l’offesa ricevuta.

La faida[]

Il concetto di vendetta o rappresaglia è qualcosa che richiama la legge del taglione, occhio per occhio, come era effettivamente comune nella società germanica, tuttavia mancando spesso di equità, ragion per cui la soddisfazione per un’offesa spesso era di gran lunga superiore all’offesa stessa. Questo sistema di riparazione dell’offesa è all’origine di infiniti cicli di vendetta tra famiglie, un ciclo che coinvolgeva generazioni e generazioni, tanto da disperdere nella memoria quale fosse stata l’offesa iniziale e da potersi concludere con l’estinzione dell’uno o dell’altro lignaggio. Questa è una faida.

Poichè la faida, per sua natura, è una continua escalation di violenza e vendetta che coinvolge un sempre maggiore numero di individui e famiglie, è per lo stesso benessere della società che si devono sviluppare dei sistemi di controllo sociale di questi meccanismi che una volta innescati sono inarrestabili. Le faide vanno evitate poichè privano la società degli uomini migliori e i re dei loro migliori sudditi. Per tale motivo le leggi tendono a fornire alternative, punizioni e/o indennizzi che sopprimano una faida sul nascere.

Nonostante tutte le complicazioni di una società basata sul sistema delle faide, il vero motivo per cui con la cristianizzazione il sistema viene sempre più represso è tutt’altro che etico e morale. Il sistema della faida funziona benissimo quando il potere decisionale è nelle mani dei clan, delle grandi famiglie, e gli scontri avvengono in un sistema governato dall’assemblea. Le faide tengono unite le famiglie contro un nemico comune, sono alla base delle alleanze politiche. La violenza endemica è caratteristica dei sistemi privi di un potere centrale, ragione per cui l’equilibrio è sottile e i rovesciamenti di potere portano all’apice prima una fazione e poi un’altra. E ciò costituisce un problema quando, con l’instaurarsi di una prima aristocrazia e di un potere reggente, c’è la necessità di un sistema più stabile.

La legge della faida su cui si costituiva il potere del clan viene attenuata dalle leggi e dall’introduzione del duello (o einvigi) come di un modo socialmente accettato per rivalersi di un’offesa e restaurare il proprio onore. 

Il duello: Einvigi[]

Einvigi significa letteralmente “unico combattimento” ed è un concetto comune in tutta l’area germanica. Di per sè si tratta di un duello combattuto con qualunque tipo di armi, in una qualunque circostanza e con qualunque metodo. In poche parole non è molto dissimile da una rissa, anche se bisogna tener conto che non tutto era permesso e alcune azioni, come mordere, calciare o graffiare erano ritenute disonorevoli, mentre non lo erano combattere a mani nude e strattonare l’avversario per i capelli.

L’einvigi non ha alcun tipo di giudice, nè umano nè divino. I contendenti fanno affidamento sulla propria forza e sulla propria fortuna per dirimere una questione, porre fine a una contesa o difendere il proprio onore. 

Ullr può essere considerato il dio del duello, ma è ben lungi dall’essere colui che ne stabilisce la sorte. Può essere invocato da uno o da entrambi i contendenti come buon auspicio, ma non è il giudice della contesa. Non esistono descrizioni di interventi divini in alcuna saga al fine di far vincere l’una o l’altra parte. Il duello rimane espressione della forza e della fortuna del vincitore, che grazie a queste sue qualità vince la contesa e non diventa mai espressione del Giudizio di Dio.

Limiti dell’einvigi[]

Il duello di per sè non estingue affatto il sistema della faida, tuttalpiù cerca di circoscrivere il sistema perchè l’inimicizia tra due famiglie non si estenda a tutta una comunità. E il suo limite sta nella spesso inevitabile conclusione di un duello, cioè la morte di uno dei contendenti. In tale situazione la famiglia dell’ucciso poteva perseguire legalmente l’assassino, nonostante si fosse trattato di un duello d’onore. A questo punto si aprono due possibilità, cioè che la famiglia dell’ucciso richieda vendetta oppure un quadrigildo, cioè il pagamento di una somma come risarcimento.

La richiesta di un risarcimento in denaro sarebbe un modo per fermare la contesa ed evitare altri spargimenti di sangue, fermando la mano dei parenti del morto, ma porterebbe la questione davanti a un’assemblea e potrebbe dare all’assassino il modo di difendersi. La cultura di questa società è improntata alla vendetta di sangue più che all’accettazione di un pagamento a riparazione del sangue versato, ragione per cui spesso i duelli stessi non facevano altro che perpetrare il sistema della faida.

L’Holmgang[]

Holmgang può essere tradotto con "andare (o camminare) su una piccola isola" o più semplicemente "camminata su una isola”. Il nome può anche derivare dal fatto che i combattenti duellavano su una piccola isola o su isolotto, come nella Egils saga.

Almeno in teoria, chiunque fosse stato offeso poteva sfidare l'altro gruppo a un holmgang, indipendentemente dalle differenza di status sociale. Il motivo di questo poteva essere l'onore, la proprietà, una domanda di restituzione di debiti, disaccordi giuridici o l'intenzione di aiutare la moglie o dei parenti o la volontà di vendicare un amico.

Gli holmgang venivano combattuti 3-7 giorni dopo la sfida. Rifiutare la sfida significava diventare un niðingr (disonorato), e poter essere condannato come un fuorilegge. In effetti, se il gruppo sfidante non era capace di ottemperare alla loro richiesta, venivano considerati a loro volta senza onore. A volte un guerriero valoroso poteva combattere volontariamente al posto di un amico che sicuramente sarebbe stato surclassato dall'avversario.

Le regole esatte variano da luogo a luogo e cambiano nel tempo, ma prima di ogni sfida i duellanti si accordavano sulle regole da usare, generalmente:

  • Il duello veniva combattuto o su un posto precedentemente specificato o su un luogo tradizionalmente usato per questi scopi.
  • Lo sfidante recitava le regole, quelle tradizionali o quelle su cui si erano messi d'accordo, prima del duello.
  • Le regole determinavano le armi permesse (In genere si combatteva preferendo la spada all’ascia, per evitare le ferite gravi derivanti dall’impatto di quest’ultima), chi poteva colpire per primo, cosa costituiva nella sconfitta e cosa riceveva il vincitore; in Norvegia, il vincitore poteva reclamare tutto quello che il perdente possedeva e generalmente la contesa finiva al primo sangue.
  • Se uno dei due gruppi non si presentava completamente, veniva dichiarato disonorato.
  • Uccidere un rivale non costituiva reato e non si potevano chiedere risarcimenti.

La regolamentazione dell'holmgang lo differenziano dall’einvigi, rendendolo più simile a un rituale.

La Kormáks saga riferisce che un holmgang veniva combattuto su una pelle di bue o su un mantello con i lati di 3 metri di lunghezza. Veniva fissato a terra con dei pali utilizzati solo per questo scopo e collocato in una maniera specifica, oggi sconosciuta. Prima questa area veniva segnata disegnando tre bordi attorno a una pelle quadrata, ciascuna distante un piede dall'altra. Gli angoli venivano messi in evidenza con bastoni di nocciolo. I combattenti dovevano combattere dentro questi tre bordi. Uscire dai bordi comportava la sconfitta (o comunque una penalità), correre via era segno di codardia.

Nella Kormáks saga c'è una allusione a un sacrificio di un toro prima dell'holmgang ma ci sono molti altri riferimenti sul sacrificio che il vincitore compiva dopo la competizione. Ai combattenti era permesso usare un determinato numero di scudi (usualmente tre) poiché i colpi di un contendente potevano rompere uno scudo. Un combattente colpiva per primo e poi l'altro colpiva a sua volta, a turno. Il combattimento finiva normalmente al primo sangue (il primo che veniva ferito perdeva, a differenza del combattimento all'ultimo sangue che si concludeva con la morte di uno dei due sfidanti).

Duellanti professionisti usavano l'holmgang come una forma di rapina legalizzata; potevano reclamare diritti su terre, donne o proprietà a spese del legittimo proprietario. Molte saghe descrivono berserker che abusano dell'holmgang in questa maniera. A causa di queste pratiche, gli holmgang furono vietati in Islanda nel 1006, a causa del duello tra Gunnlaugr Ormstunga e Hrafn Önundarson, e in Norvegia nel 1014.

ESEMPIO: La svedese Hednalagen, o Legge pagana, un frammento di un documento del XIII secolo proveniente da Uppland, in Svezia, stipula le condizioni per un holmgang:

“Se qualcuno insulta un altro uomo, si dovranno incontrare dove tre strade si uniscono. Se quello che ha parlato viene e non viene l'insultato, allora questo sarà come è stato chiamato: non avrà diritto di giurare né di testimoniare, possa riguardare l'uomo o la donna

Se viene l'insultato e non chi ha parlato, questo dovrà gridare ”Niðingr!” ("disonore") tre volte e fare un marchio sulla terra, e sarà peggio di quello che ha detto poiché ha osato non mantenere (sottinteso la sfida).

Ora, se entrambi si incontrano completamente armati: se l'offeso cade, che il risarcimento sia mezzo guidrigildo; se cade chi ha parlato, gli insulti sono peggiori, la sua lingua sia la rovina della sua testa, e che giaccia su un campo senza (che sia pagato) un risarcimento.”

Bibliografia[]

http://www.vikinganswerlady.com/holmgang.shtml

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